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Dopo una ricontestualizzazione di Gesualdo Bufalino all'interno della compagine postmodernista (questione irrisolta e assai dibattuta dalla critica, sulla quale si forniscono nuovi elementi), il testo osserva il rapporto che lo scrittore intrattenne con alcuni modelli, fra i quali sono stati scelti quelli funzionali a ricostruire il suo percorso alle prese con la verità, da lui indagata sempre attraverso il filtro della letteratura, in particolare quella francese. Bufalino preferì sempre la menzogna letteraria alla verità, l'ironia che sancisce la definitiva rinuncia a pretendere di acquisire una verità che fosse davvero credibile. E ridusse tutto e definitivamente al comune denominatore della letteratura, dove le storie e le verità coesistono con pari dignità e, usiamo le parole dell'autore, alla «povertà univoca della verità» si contrappone la «verità plurale» che tutte le opzioni accoglie e contiene, la menzogna perfino. Una verità osmotica, contraddittoria e in perenne divenire: come la vita.